C’è un’Asia che non si mostra subito, che non cerca di impressionare. Un’Asia fatta di orizzonti infiniti, cupole azzurre, muretti erosi dal vento e storie sussurrate. È quella che ho trovato tra Turkistan e Otrar, nel sud del Kazakhstan, dove il tempo sembra rallentare e ogni luogo è legato a una leggenda.
Turkistan, cuore spirituale del Kazakhstan
Turkistan è una delle città più antiche del Kazakhstan, abitata da oltre duemila anni e profondamente intrecciata con la storia dell’Asia Centrale. Oggi è un centro che mescola tradizione e modernità, dove la devozione si intreccia con la vita quotidiana e la storia continua a camminare tra le strade. Nonostante le sue dimensioni contenute, la città pulsa di energia, tra studenti, pellegrini e viaggiatori curiosi.
Il centro nevralgico è il Mausoleo di Khoja Ahmed Yasawi, poeta, filosofo e mistico sufi del XIV secolo. L’edificio, commissionato da Tamerlano e mai terminato, domina la città con la sua cupola turchese e la sua imponenza. Camminare nel suo cortile, entrare nella sala del grande kazan, osservare i dettagli geometrici delle maioliche è come sfogliare una pagina viva della storia centroasiatica.
Il bazar centrale è un luogo vivace dove si ritrova l’anima quotidiana di Turkistan: bancarelle colme di frutta secca, spezie, abiti e utensili, voci che si sovrappongono, profumi forti e quella sensazione di autenticità che solo i mercati dell’Asia sanno regalare. Vale la pena perdersi tra le corsie, osservare la gente del posto, magari sedersi a bere un tè nero bollente in uno dei tanti chaykhana.
Il Caravanserraglio: un ponte tra passato e futuro
Accanto al mausoleo di Khoja Ahmed Yasawi è sorto di recente un progetto ambizioso: il Caravanserai di Turkistan, un complesso moderno che reinterpreta le architetture tradizionali delle antiche locande della Via della Seta. L’idea è quella di ricreare lo spirito delle carovane che un tempo si fermavano in città: oggi qui si trovano caffè, botteghe artigiane, spazi culturali, ristoranti e un piccolo canale navigabile che attraversa il cortile centrale, creando un’atmosfera quasi surreale.
È un luogo pensato anche per chi viaggia con curiosità: si può assistere a spettacoli folkloristici, entrare in un hammam, scoprire i prodotti locali o semplicemente passeggiare tra archi, portali decorati e colonnati in mattoni, che richiamano le geometrie della tradizione timuride.
Il caravanserraglio di oggi non è una ricostruzione storica, ma un esperimento culturale: un modo per far dialogare la memoria della Via della Seta con un presente che guarda al turismo con occhi nuovi. Una tappa che sorprende, soprattutto se visitata al tramonto, quando le luci si riflettono sull’acqua e il silenzio comincia a prendere il posto del brusio.
Arystanbab, tra leggenda e devozione
Ma c’è una tappa da fare prima di arrivare a Yasawi. Lo dice la leggenda: non si può visitare Turkistan senza prima fermarsi ad Arystanbab.
A circa 60 km da Turkistan, immerso nella steppa, sorge il Mausoleo di Arystanbab, maestro spirituale di Yasawi. È un luogo semplice, raccolto, ma intenso. I pellegrini si avvicinano con rispetto, accendono candele, recitano preghiere. L’atmosfera è fatta di sguardi bassi, silenzi condivisi e una calma che sembra fuori dal tempo.

Otrar, la città che sfidò Gengis Khan
Poco lontano da Arystanbab si trovano le rovine dell’antica Otrar, una delle città più prospere lungo la Via della Seta, famosa per i suoi commerci e per essere un centro di cultura. Fu qui che si compì un gesto fatale: il governatore fece giustiziare alcuni ambasciatori mongoli. La risposta di Gengis Khan fu implacabile. Nel 1219 l’intera città fu assediata, distrutta e cancellata dalla mappa per secoli.
Oggi Otrar è un sito archeologico dove si cammina tra resti di mura, fondamenta, moschee e terme. Non c’è nulla di scenografico, e forse proprio per questo emoziona: è un luogo che si ascolta più che si guarda.
Gauhar Ana, la madre del poeta
Poco distante si trova un mausoleo più nascosto, quasi dimenticato: quello di Gauhar Ana, madre di Khoja Ahmed Yasawi. È un luogo intimo, solitario, con un’aura delicata. Chi arriva fin qui lo fa spesso per raccogliersi in silenzio, per lasciare una preghiera o un pensiero. Anche senza condividere la fede, si percepisce il rispetto profondo che lega questi luoghi alla memoria e alla tradizione.

Informazioni pratiche
- Come arrivare: Turkistan è raggiungibile in treno o in aereo (ha un aeroporto recentemente rinnovato). Da lì si può organizzare una gita giornaliera in auto verso Otrar, Arystanbab e Gauhar Ana (calcola circa 1h15 a tratta).
- Quanto tempo serve: almeno due giorni per vedere tutto con calma: uno per Turkistan, uno per le tappe nella steppa.
- Quando andare: primavera e autunno sono ideali. In estate il caldo può essere opprimente, in inverno il vento è tagliente.
- Curiosità: secondo la tradizione, il pellegrinaggio a Turkistan per tre volte equivale a un hajj alla Mecca.
Quella a Turkistan e nella steppa intorno è stata una tappa che ha lasciato il segno nel mio itinerario ferroviario attraverso il Kazakhstan. Dopo la modernità di Nur-Sultan e la vivacità di Almaty, qui ho trovato un altro ritmo, un tempo sospeso, fatto di cupole turchesi, sabbia che si alza al passaggio e storie custodite nelle pietre. Vi parlo del mio viaggio qui: Kazakistan: informazioni pratiche per organizzare il viaggio.
Se volete vedere le foto, le trovate nel mio spazio Flickr dedicato: https://www.flickr.com/photos/borntotravel77/albums/72177720326182874/.